Associazione Nazionale
degli Enti di Governo
d’Ambito per l’Idrico e i Rifiuti

Staffetta Quotidiana – 26 novembre 2014

Settore idrico in attesa di maturazione
Le audizioni alla III Conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici: sguardo a consolidamento, investimenti e omogeneizzazione tariffaria e qualitativa
Un quadro regolatorio sempre più certo e stabile e un progressivo chiarimento della governance sono gli aspetti centrali dell’evoluzione che sta vivendo il settore idrico grazie alle funzioni di regolazione svolte ormai da tre anni dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi) e ai recenti interventi legislativi in materia. Un’evoluzione ancora in corso, descritta lunedì a Milano in occasione dell’annuale Conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici (v. Staffetta 24/11) e che fa ben sperare gran parte degli addetti ai lavori, come si è evinto dalle audizioni di associazioni, operatori ed esperti del settore. Permane però ancora un’atmosfera di attesa, non mancando imminenti sviluppi da affrontare – alla luce, in particolare, delle novità che si profilano sul piano normativo con lo “Sblocca Italia” e il ddl di Stabilità 2015 – e un “rodaggio” del nuovo sistema regolatorio ancora da completare soprattutto nei territori meno preparati a gestire i cambiamenti.
Se, infatti, circa 40 milioni di italiani sono interessati dalle nuove tariffe del servizio idrico integrato, approvate prima con il metodo tariffario transitorio per gli anni 2012-2013 e poi con il metodo tariffario idrico per il biennio 2014-2015, c’è la restante fetta della popolazione ancora esclusa dal nuovo sistema tariffario: nel migliore dei casi perché la variazione tariffaria stabilita dai soggetti competenti è stata tale da comportare un’istruttoria di verifica da parte dell’Autorità, altrimenti perché nessuno ha provveduto ad applicare le regole dettate dal regolatore nazionale, che si trova così a svolgere un ulteriore lavoro di catalogazione e verifica (proprio nei giorni scorsi sono state determinate d’ufficio le tariffe per quasi un migliaio di Comuni). Motivo ne è la parcellizzazione di gestioni – molte in economia – e competenze, di cui si auspica un celere superamento. Come ha fatto notare l’amministratore delegato di Acea, Alberto Irace, simili ritardi sono sintomo di “sistemi più gracili”, in cui è necessario un rafforzamento sia delle imprese che delle competenze locali. Un ulteriore elemento critico, secondo Irace, è che gli investimenti programmati per i prossimi 4 anni (4,5 miliardi di euro) equivalgano al valore delle infrastrutture esistenti (la cosiddetta RAB), segno che per sostenere gli investimenti necessari le tariffe del servizio idrico dovranno via via aumentare consistentemente: si apre, quindi, un problema di “consapevolezza politica” su questo tema, da accrescere tenendo anche a mente il confronto con i livelli tariffari e di investimento negli altri paesi europei.
Quello degli investimenti, e del loro finanziamento, resta l’obiettivo centrale tanto della regolazione quanto delle richieste e delle proposte che il settore sottopone all’Autorità. Irace raccomandava una speciale attenzione a mantenere l’appetibilità del settore idrico sui mercati finanziari, consentendo anche ai finanziatori di comprendere con più immediatezza quanto accade nella regolazione italiana. Per Paolo Romano, amministratore delegato di Smat, per i finanziatori è di primaria importanza la continuità legata alla durata delle concessioni che, nel settore pubblico, dovrebbe essere adeguata a quella delle società di gestione. In altre realtà, come quella di Gori in Campania, si pone il problema di degli adeguamenti tariffari, di consistente entità a fronte di numerosi investimenti necessari e di anni di inerzia nel passato che non hanno consentito una graduale convergenza delle tariffe ai costi affrontati, determinando una grave difficoltà nel recupero delle partite pregresse e l’insorgere di un centinaio di contenziosi in merito. Anche per questo, l’amministratore delegato di Gori Claudio Cosentino ha suggerito che il limite alla variazione tariffaria debba essere commisurato alla tariffa media di ciascuna gestione, lasciando spazio a incrementi maggiori laddove si parta da livelli tariffari più bassi, e che sia data possibilità ai gestori di utilizzare gli incrementi aggiuntivi per realizzare investimenti.
Un’altra voce aziendale, quella di Hera, si è concentrata sull’individuazione dei costi efficienti a cui sta lavorando l’Autorità, facendo notare che la mancata efficienza penalizza gli operatori che hanno già efficientato i costi. Inoltre, secondo il portavoce della multiutility, sarebbe opportuno velocizzare il percorso verso la qualità tecnica del servizio – mentre l’Autorità è orientata ad affrontare prima l’aspetto della qualità commerciale – a partire per esempio, come nel settore dell’energia, da iniziative su base volontaria fino a poi raggiungere una regolamentazione omogenea a livello nazionale. Sarebbero inoltre auspicabili incentivi per investimenti volti alla riduzione dell’impatto ambientale, tenendo presente – nella trattazione dei costi ambientali – che spesso tali interventi comportano maggiori costi.
Di qualità ed efficientamento ha trattato nel suo intervento anche Samir Traini del Laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche, auspicando un percorso graduale verso l’adozione di costi standard e suggerendo l’opportunità di applicare incentivi finanziari per il miglioramento della qualità commerciale del servizio idrico. Quanto agli adeguamenti tariffari, l’analista di Ref Ricerche ha osservato che in alcuni territori con elevato deficit infrastrutturale è inevitabile il superamento dei limiti alla variazione tariffaria, che la stessa Autorità ha chiarito essere indicativi e oltrepassabili con adeguate motivazioni ma che rappresentano una “soglia psicologica” che si fa fatica a travalicare. Traini ha inoltre sottolineato che un obiettivo centrale per il settore è il consolidamento, che può essere favorito non solo da incentivi sistemici (come quelli previsti dal ddl di Stabilità 2015) ma anche dalla regolazione, attraverso incentivi tariffari e finanziari (questi ultimi già previsti nel settore elettrico). Nel procedere verso il necessario sviluppo delle aggregazioni bisogna però fare attenzione a non ampliare ulteriormente il divario esistente tra Nord e Sud, quest’ultimo ancora impreparato ad affrontare processi di consolidamento analoghi a quelli praticabili nel resto d’Italia. Infine, la nota positiva ricordata da Traini è che “la regolazione è già ‘investment grade’”: l’assetto regolatorio pesa per circa il 40% nell’assegnazione del merito creditizio alle imprese e il giudizio positivo dei mercati sui progressi del settore idrico è testimoniato, ad esempio, dalle 5 operazioni di finanziamento attivate negli ultimi 6 mesi dalla Banca europea degli investimenti (Bei), un numero pari a quello dei finanziamenti rivolti dalla stessa Bei al settore negli ultimi 5 anni.
Un richiamo all’importanza del consolidamento del mercato idrico è venuto anche da Massimiliano Bianco, direttore generale di Federutility, federazione delle imprese che gestiscono acqua, gas e rifiuti che vede con favore gli “spunti di riflessione sulla semplificazione dell’assetto gestionale” del settore, ancora troppo frammentato. Peraltro, ha sottolineato Bianco, esiste una correlazione tra la qualità del servizio e la dimensione/tipologia (con discrimine tra gestioni in economia e gestioni d’Ambito) gestionale. L’auspicio di Federutility è di superare celermente il primo ciclo regolatorio chiudendo le partite ancora aperte (approvazioni mancanti, conguagli, definizione dei costi dell’energia elettrica ecc.) e affrontare il prossimo ciclo tariffario con l’obiettivo di dispiegare un’ulteriore capacità del quadro regolatorio di attrarre capitali al settore (gli investimenti, ha osservato Bianco, dovrebbero aumentare di circa 3 volte rispetto all’attuale importo annuo), concentrandosi sugli investimenti prioritari e sull’omogeneizzazione della qualità del servizio. Nel medio termine, ha osservato Bianco, l’obiettivo dovrebbe essere quello di una convergenza verso la tariffa d’Ambito per poi tendere, nel lungo periodo, al traguardo della tariffa unica nazionale.
Anche secondo Marisa Abbondanzieri, presidente dell’Associazione nazionale Enti ed Autorità d’Ambito (Anea) che rappresenta 53 Enti d’Ambito su 70, il percorso verso un unico schema tariffario nazionale sarebbe auspicabile, sebbene attualmente i tempi non siano ancora maturi. Gli Enti d’Ambito, ha sottolineato Abbondanzieri, hanno lavorato e stanno lavorando al loro meglio, seppur con risorse ridotte al minimo, per attuare il sistema regolatorio tracciato dall’Aeegsi e procedere in direzione di una modernizzazione del sistema idrico. In questo percorso d’inscrive anche lo sviluppo di una nuova governance, più razionale, che l’Anea vede con favore. La richiesta degli Enti d’Ambito è di essere coinvolti attivamente in ogni passo successivo, dalla definizione delle convenzioni tipo alle iniziative a tutela dei consumatori, nella consapevolezza che “la filiera di governo del servizio idrico integrato è cambiata”, che i due livelli di regolazione – nazionale e locale – escono rafforzati dai recenti indirizzi normativi (lo “Sblocca Italia” in particolare) ed è necessario ripensare i rapporti istituzionali anche con organismi sinora molto o poco coinvolti nel disegno del servizio idrico integrato (Regioni, Anci). In ultimo, Abbondanzieri ha rivolto un appello ai presenti perché non si dimentichi il “convitato di pietra” per eccellenza del dibattito interno al settore: i movimenti per l’acqua. “È inutile far finta che non ci siano – ha detto la presidente di Anea –, bisogna trovare un tavolo d’incontro per dimostrare che tutti teniamo al bene comune”.
Le voci più critiche, infine, si sono levate dalle associazioni dei consumatori, in particolare da Luigi Gabriele, che ha parlato in rappresentanza di Codici, Assoutenti e Codacons: una dura reprimenda all’indirizzo del settore, degli operatori in particolare, rilevando “vent’anni di fallimenti”. Qualità carente, classe dirigente sempre uguale e costi del servizio non così bassi come si vorrebbe far credere (“un metro cubo di acqua costa quasi il doppio di un metro cubo di gas”) sono stati gli elementi contestati da Gabriele, che ha anche accusato alcuni operatori di comportamenti scorretti. Un unico gestore nazionale, sul modello di Snam per il gas, la separazione delle attività di gestione da quelle di misurazione, l’istituzione di un registro delle lobby, invece, le proposte avanzate. Meno tranchant il rappresentante di Federconsumatori, che ha riconosciuto alcuni sviluppo positivi vissuti dal servizio idrico negli ultimi anni e ha voluto concentrare l’attenzione sul problema delle perdite occulte – suggerendo l’istituzione di un fondo fughe ad hoc – e sull’esigenza di misure a tutela degli utenti (rateizzazioni, tariffa sociale, garanzia del minimo vitale di acqua per i morosi).
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