SEPARARE LA GESTIONE DELLA RETE DALLA GESTIONE DEL SERVIZIO PORTERA’ A UN AUMENTO DEI COSTI DEL SII
In un articolo apparso sul Sole 24 Ore del 19 maggio, l’Assoknowlege, associazione di categoria diConfindustria, propone di separare la gestione delle reti dalla gestione dei servizi nel settore idricoitaliano.
La proposta prevede di affidare la gestione della rete e la realizzazione degli investimenti a società interamente pubbliche, le società patrimoniali, delegando nel contempo l’erogazione del servizio ad un’impresa commerciale, selezionata attraverso una gara.L’idea non è nuova: la separazione consentirebbe maggiore facilità nel reperire i finanziamenti necessari a realizzare il vasto programma di rinnovo delle reti e degli impianti, che si rivela come uno degli aspetti più critici dell’attuale sistema italiano. Le società patrimoniali, per il fatto
di essere interamente pubbliche e di detenere la proprietà perpetua delle infrastrutture, godrebbero di un costo del finanziamento inferiore rispetto ad una società concessionaria, che non può usare le reti a garanzia dei prestiti contratti. Nel contempo, liberare la gestione dalla necessità di recuperare ingenti investimenti nel lungo periodo consentirebbe di mettere ripetutamente a gara la sola erogazione dei servizi, per affidamenti di breve periodo, favorendo la concorrenza per il mercato e, quindi, ottenendo delle tariffe più basse.
A fronte di questi vantaggi, però, la separazione delle reti presenta degli aspetti negativi, che non sono stati presi in considerazione dallo studio di Assoknowledge. Analizziamo in maggiore dettaglio i due aspetti della questione. Rispetto al costo del finanziamento, ciò che potrebbe farlo diminuire è quello che lo studio di Assoknowledge definisce come la “certezza delle rendite”, ossia il minor rischio che si assume il finanziatore quando il prestatario è proprietario degli asset, rispetto ad operazioni di project finance, che invece sono garantite dal solo flusso di cassa.
Ma questo minor rischio ha come contropartita il fatto che la pubblica amministrazione deve garantire con proprie risorse il salvataggio della società patrimoniale, qualora questa incorra in difficoltà di cassa o si riveli insolvente.
La garanzia in questo senso rappresenta un costo per la collettività, in termini di rinuncia ad altre opportunità d’uso di risorse pubbliche complessivamente limitate: la concessione ai finanziatori di una garanzia rispetto all’insolvenza della società patrimoniale rappresenta l’uso di risorse pubbliche che vengono distolte da altri scopi di pubblica utilità, come il finanziamento di altri servizi od opere della pubblica amministrazione.
Rispetto al secondo aspetto, la separazione della gestione delle reti dalla gestione dei servizi è sicuramente un modo per immettere più concorrenza nelle fasi della filiera precedentemente gestite in condizioni di monopolio.
Ma quando si separa una gestione integrata, si rinuncia anche ad un risparmio di costi che la stessa integrazione assicura, in termini di coordinamento delle decisioni di gestione, investimento e manutenzione. Dovendo separare la gestione delle infrastrutture dalla
gestione del servizio, il coordinamento della manutenzione con gli investimenti deve essere assicurato non più dentro la stessa impresa ma fra due imprese diverse, con una inevitabile ricaduta in termini di maggiori costi di transazione. Il bilancio è quindi positivo solo quando, attraverso la maggiore concorrenza, si ottengono dei risparmi di costo di entità tale da compensare i maggiori costi che si producono dall’aver separato la filiera. Ma ciò è estremamente improbabile che si verifichi in un settore ad elevata intensità di capitale, come il servizio idrico, dove il costo maggiore deriva proprio dalla gestione delle reti.
L’ESEMPIO
Un esempio contribuirà a chiarire quest’ultimo punto: posto pari a 100 il costo totale dell’intero servizio, la quota relativa alla gestione della rete, da mantenersi a carico delle società patrimoniali pubbliche, sarà nell’ordine dell’80-90%. Ciò vuol dire che i risparmi indotti dalle gare per la selezione del gestore incideranno su una componente di costo che è pari al 10- 20% massimo dei costi totali. In questo modo, mentre da un lato i guadagni di efficienza si otterranno su una parte modesta dei costi totali del servizio, dall’altro lato la presenza di due gestori darà luogo alla necessità di dover assicurare un coordinamento tecnico, con sensibili ripercussioni in termini di costi di transazione. Senza considerare il fatto che avere due società di gestione significa anche dover remunerare due margini sui costi, margini che devono trovare il loro riconoscimento in tariffa. Alla fine, la separazione rischia di costare all’utente di più di quanto costa oggi la soluzione integrata e, inoltre, diminuirà le risorse che la pubblica amministrazione potrebbe destinare ad altri servizi.
Sarebbe, invece, preferibile perfezionare il quadro regolatorio attualmente in vigore, migliorando il sistema di incentivi alla base delle decisioni di investimento e lavorando sulle Convenzioni e sui Pianid’Ambito, per favorire la loro bancabilità.
Luciano Baggiani
L’AUTHORITY APRE UN’ISTRUTTORIA MA GLI AFFIDAMENTI SONO PREVISTI DALLA LEGGE
Dopo un’indagine conoscitiva, il 7 maggio scorso l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ha deliberato di avviare una istruttoria sui 64 affidamenti a società completamente pubbliche.
L’Autorità, sulla base di una circolare del Ministero dell’ambiente del 2004, intende valutare la legittimità degli affidamenti deliberati senza gara. In particolare la norma e la giurisprudenza richiederebbero che l’affidamento diretto avesse un carattere di eccezionalità
e che il rapporto tra l’affidatario e la società corrispondesse a quello intercorrente tra il comune e i suoi uffici.
D’altro canto, la normativa italiana nel decreto ambientale e nel testo unico enti locali prevede quali possibili forme di gestione l’affidamento con gara, affidamento a società mista e quello a società interamente pubblica. Di conseguenza, i 64 ATO che hanno deliberato l’affidamento ad una società interamente pubblica hanno effettuato una scelta tra quelle legittimamente possibili.
L’Associazione, pur apprezzando l’attenzione dell’Autorità sulla legittimità degli affidamenti, condizione imprescindibile per la piena tutela dell’utente, rileva quindi che gli ato hanno sempre agito secondo la legge.