Legislatori e regolatori: come lavorare insieme al meglio?
di Scott Hempling, Direttore NRRI
Il potere legislativo delega talune funzioni alle agenzie di regolazione. Delegare è come decidere: quali problemi sono meglio affrontati dal legislatore, quali dall’agenzia? Le norme sulla regolazione spesso rispondono a questa domanda quasi in modo ottimale. In quanto segue si presentano tre esempi e tre comuni motivi. Successivamente se ne traggono alcuni principi per un’efficace relazione tra legislatori e regolatori.
Tre esempi
Ineguaglianza dei redditi: per i cittadini a basso reddito, il costo del servizio eccede la possibilità di pagare. In assenza di una risposta legislativa, i regolatori coscienziosi allocano una percentuale maggiore dei costi fissi alla quota variabile della tariffa, così da ridurre la spesa per gli utenti a basso consumo. Gli economisti argomentano che il recupero dei costi fissi attraverso i costi variabili riduce l’efficienza allocativa, peggiorando la situazione per tutti. Svolgere la funzione politica della redistribuzione del benessere distoglie i regolatori dal loro dovere di indurre prestazioni efficienti. Questo conflitto è necessario, oppure un differente rapporto tra regolazione e legislazione potrebbe migliorare il risultato?
Inquinamento: l’elettricità produce inquinamento. La causa della produzione di elettricità è il consumo di elettricità. Il consumo inquinerebbe meno se il prezzo al consumatore riflettesse il costo dell’inquinamento. Ma i regolatori ricevono pressioni conflittuali: ridurre l’inquinamento, tenere i prezzi bassi. Il conflitto riflette la commistione tra politica e tecnica. La domanda politica è: qual è la responsabilità del consumatore per sopportare i costi del suo consumo? Se il potere legislativo trova una risposta politica, le agenzie di regolazione possono poi dispiegare la propria competenza tecnica per definire tariffe, programmi di efficienza ed altri meccanismi per minimizzare i costi delle decisioni dei politici. Il silenzio legislativo spinge le agenzie a svolgere un ruolo politico, diminuendo la loro credibilità nel risolvere problemi tecnici e nel dire la verità.
Struttura del mercato: come può un legislatore introdurre la concorrenza dopo decadi di monopolio? Per chi prende decisioni politiche la concorrenza ha molteplici fondamenti: ideologia (mercato o regolazione?); espedienti politici (durante le elezioni, i prezzi scenderanno o saliranno?); placare i gruppi di pressione (recupero dei costi perduti per i gestori esistenti? Autorizzare elevati sconti tariffari per aiutare i nuovi concorrenti? Un tetto al prezzo per i servizi offerti ai non acquirenti?); e, fatti (le economie di scala, l’affidabilità e l’efficienza aumenteranno o diminuiranno con la separazione verticale?).
La struttura industriale deve servire lo scopo dell’industria. Le industrie servono i consumatori. Se una data struttura industriale verrà incontro ai consumatori è una domanda che richiede constatazioni fattuali. Rispondere a domande come questa richiede obiettività ed apertura mentale. L’ideologia, gli espedienti e il desiderio di placare i conflitti sono motivazioni marginali. Quando si decide la struttura di un’industria, qual è la migliore combinazione tra i poteri del legislatore e quelli del regolatore? Così come il legislatore ha creato i diritti e gli obblighi delle utility agli albori della regolazione, così oggi il legislatore deve iniziare un riesame delle attribuzioni delle funzioni di regolazione. Attraverso quale processo? Il legislatore dovrebbe cambiare la struttura stessa della regolazione? O dovrebbe delegare il raggiungimento degli obiettivi di cambiamento ad un’agenzia specializzata?
Il limite tra tecnico e politico può essere esemplificato come segue: il legislatore esprime un giudizio politico sulla necessità di riformare la struttura di mercato. L’agenzia esprime un giudizio tecnico su quale nuova struttura funzioni meglio. Succede invece che la maggior parte dei legislatori confondono i due piani. Si esprimono dichiarazioni politiche circa il fatto che la “concorrenza” serve il pubblico al meglio, poi sono proclamate delle date d’inizio del nuovo regime. Ma l’operatività di tali dichiarazioni dipende da fatti tecnici quali le economie di scala, l’affidabilità e la disponibilità degli operatori. Il fatto che i mercati concorrenziali siano distribuiti a macchia di leopardo e non siano uniformemente diffusi dimostra che i legislatori non sono propriamente adatti a determinare gli aspetti tecnici e a calibrarne le politiche.
Tre Cause
Le risorse umane del legislatore: argomenti ricorrenti come budget, tassazione, educazione, assistenza sanitaria e sicurezza pubblica hanno uno staff legislativo permanente. Siccome la legislazione sulle utility non è un argomento frequente, il personale dedicato nei parlamenti non è molto ampio.
Elevata componente politica: basta una piccola spinta da parte dai gruppi di interesse e la regolazione tecnica scivola facilmente nel confronto aperto: azionisti contro contribuente; economia contro ambiente, gestore esistente contro entrante, zona residenziale contro zona industriale, tecnocrati contro fautori della legalità. Da quando i legislatori si sono specializzati nel compromesso, hanno trovato la via per costituire una maggioranza. Ma come per le fondamenta stabili di una casa, le fondamenta tecniche della regolazione, un servizio affidabile, l’efficienza economica e gli standard di prestazione, non traggono forza dai compromessi politici.
Stimoli a breve termine: la pianificazione delle utility è a lungo termine, ma spesso gli stimoli per i politici sono a breve termine: si profila un aumento delle tariffe, viene scoperta una debolezza delle infrastrutture, alcune delle pratiche regolatorie esistenti infastidiscono qualcuno. Questa discordanza fa sì che i problemi a breve termine non si connettono bene con le missioni a lungo termine.
Due principi per un rapporto proficuo tra legislatore e regolatore
- Allineare le responsabilità al vantaggio comparativo. I legislatori affrontano i grandi compromessi. Stabiliscono il rapporto di scambio tra i valori, i gruppi di interesse e i periodi di tempo. I regolatori sono migliori nei giudizi tecnici: definire la prestazione efficiente, calibrare premi e penalità al fine di produrre quella particolare prestazione, quantificare i compromessi ed identificare le soluzioni che evitano le scelte inconciliabili. I regolatori inoltre definiscono gli iter che producono l’obiettività ingegneristica, contabile e finanziaria che supporta l’aspettativa del pubblico in merito al fatto che la luce si accenda, l’acqua scorra e il telefono squilli.
- Rendere la relazione tra legislatori e regolatori un lavoro di squadra. Dal momento in cui il legislatore crea e rafforza l’agenzia, la disattenzione è inevitabile. Ma una relazione tra legislatura e commissione che sia efficace è qualcosa in meno della supervisione e qualcosa in più della cooperazione: è condividere gli obiettivi, coordinare l’azione, stabilire una fiducia reciproca e una critica bidirezionale.
Condividere gli obiettivi richiede la definizione dell’interesse pubblico: un punto di vista comune su quella combinazione tra efficienza economica, gradualismo e responsabilità politica (leggasi il saggio) che meglio serva la comunità.
Un’azione coordinata e una critica bidirezionale significano che le due parti devono determinare chi fa cosa meglio (con una certa enfasi sulla separazione tra politica e tecnica). Se un legislatore vuole che l’agenzia promuova la concorrenza, ma l’agenzia ritiene che ampie economie di scale o difficoltà tecniche rendano la concorrenza inefficiente, l’agenzia dovrebbe spiegare come tale distorsione uccide la concorrenza stessa. Il legislatore dovrebbe aspettarsi queste critiche e persino richiederle. Se la normativa richiede che le fusioni soddisfino l’interesse pubblico di lungo termine ma l’agenzia approva delle fusioni basate su tariffe bloccate a breve termine, il legislatore dovrebbe dire qualcosa. Questa è critica bidirezionale; questo è lavoro di squadra.