La missione della regolazione: “bilanciamo” gli interessi privati oppure li allineiamo all’interesse pubblico?
di Scott Hempling, Direttore NRRI
L’assistente appena nominato di un Commissario appena eletto, entrambi nuovi al tema della regolazione delle utility, mi ha chiamato lo scorso mese. Ha domandato allo staff dell’autorità “qual è la nostra missione?”. La risposta che ha ricevuto è stata: “noi bilanciamo gli interessi dei consumatori con quelli degli investitori”. La nozione della regolazione come bilanciamento tra interessi privati, così profondamente incardinata nel dibattito, nella pratica e nella psiche della regolazione, presenta molteplici problemi. Possiamo riformulare il concetto di missione della regolazione?
Cinque problemi: ambiguità, miopia, presunzione di conflitto, passività e allentamento legale
Ambiguità: “bilanciamo gli interessi dei consumatori e degli investitori”. Quali consumatori, grandi o piccoli? Di oggi o di domani? Il nostro stato, la nostra regione o la nostra nazione? Quali interessi? A breve o a lungo termine? L’interesse in basse tariffe, o quello in una fornitura affidabile? Quali investitori? Gli azionisti, i detentori di fondi pensioni o fondi di investimento, gli attuali proprietari o quelli futuri? E cosa dire dei detentori di obbligazioni? Quale interesse, quello nei profitti attuali o quello nella sostenibilità tra dieci anni? Quale bilanciamento?
“Bilanciare” implica cercare un’equivalenza – il preciso punto a metà strada tra due interessi di eguale peso. E’ davvero questo la regolazione? Il peso dei consumatori e degli investitori è davvero uguale? E’ uguale in ogni momento, o tale equivalenza può variare ad un certo punto, tenendo conto delle variazioni che il “bilanciamento” può avere in un lungo periodo di tempo? Cosa vogliamo dire con la parola “bilanciamento”?
Miopia: se il servizio fornito dal gestore fosse meramente una transazione commerciale tra un solo fornitore ed un consumatore passivo, allora “bilanciare gli interessi dei consumatori e degli investitori” sarebbe una missione logica (purché siano risolte le ambiguità summenzionate). Ma un servizio di pubblica utilità è qualcosa in più. Sono le infrastrutture che supportano le nostre scuole, i nostri ospedali, l’illuminazione delle nostre strade, le fabbriche. E’ un mezzo per preservare la vita e la qualità della vita (si pensi alla mancanza d’acqua, all’interruzione della corrente elettrica, dei servizi telefonici, dell’illuminazione stradale).Si tratta di affrontare questioni come i mille anni di detriti prodotti dalle odierne decisioni di consumo: residui nucleari e emissioni di carbone dalla generazione di elettricità, residui chimici dal trattamenti dei poli telefonici, fuga di gas dalle condutture. La lente della regolazione deve essere sia un grandangolare che un teleobiettivo.
Presunzione di conflitto: un bilanciamento presume degli opposti (si immagini la “scala della giustizia”). La presunzione è sbagliata. I legittimi obiettivi dei consumatori e dei gestori, in merito a fornitori affidabili, consumatori soddisfatti, assenza di sprechi e di regalie, prezzi ragionevoli e rendimenti ragionevoli, sono coerenti e si rinforzano mutualmente. Elevate prestazioni e consumi efficienti vengono incontro alle esigenze di tutti: consumatori, azionisti, impiegati, l’ambiente, le infrastrutture della nazione.
L’opposizione insorge solo da richieste illegittime: colui che causa un costo che cerca di spostarlo su altri soggetti, l’azionista che richiede rendimenti eccessivi. Se la regolazione mette regolarmente in mostra l’illegittimità, dovrebbe correggere da se il suo presupposto degli opposti. Ma in numerose occasioni avviene l’esatto contrario, iniettando delle opposizioni nel cuore della procedura regolatoria. Ciascuna parte si colloca su una posizione, mostrandosi afflitta e cercando sollievo, maledicendo l’altrui sfrontatezza. Poi arriva l’intrallazzo con il privato, il ”compromesso” e l’”approvazione” a scatola chiusa da parte dell’autorità stessa.* La presunzione di conflitto rappresentata dalla missione “al bilanciamento” conduce ai compromessi, ma possono essere compromessi tra interessi privati piuttosto che proposte nell’interesse pubblico.
Passività: un’autorità che bilancia gli interessi privati presiede piuttosto che guidare. I risultati sono definiti dai desideri delle parti, non dalle necessità del pubblico. La regolazione sta servendo le parti piuttosto che il contrario. Il punto di incontro tra due interessi privati è ancora un interesse privato. Questa passività della regolazione lascia il pubblico non servito.
Allentamento legale: I procedimenti regolatori hanno natura di tipo legale, determinati dalle leggi e dai regolamenti. Queste fonti di legge non affrontano gli “interessi” ma creano diritti e doveri. Il compito della regolazione, pertanto, non è quello di bilanciare “interessi”, ma di (1) definire diritti ed obblighi; e poi (2) far rispettare i diritti e far applicare i doveri. Un obiettivo come “bilanciare gli interessi dei consumatori e quelli degli investitori” distrae l’autorità dai suoi obblighi di legge. Avvertimento: può accadere che la legge contenga una frase relativa al compito di bilanciare gli interessi. Ma anche lì, gli interessi che richiedono equilibrio sono i diritti e i doveri creati da quella legge, che l’autorità deve concretizzare, non gli interessi politici generali avanzati dalle parti.
Strategia regolatoria: determinare come gli interessi privati divergono da quello pubblico, poi definire delle soluzioni che trasformino questa divergenza in un allineamento
Un regolatore non può ignorare gli interessi privati. La legge lo vieta; così la pratica politica. Come possono i regolatori fare leva sugli interessi dei privati piuttosto che aggirarli?
Si inizi con un sano scetticismo. L’interesse privato si nasconde sempre dietro l’interesse pubblico. Il gestore prometterà impianti più efficienti o puliti; ma il suo vero interesse è il profitto che può ricavarne. Il consumatore criticherà la fattibilità degli investimenti, ma il suo interesse è quello di mantenere le tariffe basse.
Si noti come l’enfasi sugli interessi privati oscuri altri interessi di natura pubblica: il gestore ha quantificato l’importanza dell’investimento? Ha menzionato le condizioni a cui contrarrà il prestito per finanziarlo?
I regolatori possono spostarsi dalla ricerca di equilibrio tra interessi privati all’allineamento degli stessi rispetto all’interesse pubblico modificando le proprie abitudini. Si consideri il tipico incontro preliminare col gestore. Di solito il gestore inizia in questo modo: “sono qui per spiegare come le mie proposte avvantaggeranno il pubblico interesse”. Provi il regolatore a rispondere in questo modo: “Prima di tutto parliamo della mia visione di quelle che sono le necessità del pubblico. Poi analizziamo come il tuo interesse privato ne diverge. Infine diamo uno sguardo alla tua proposta.
Altro esempio: una procedura consultativa tipica inizia con l’esposizione delle posizioni delle parti. Uno degli scopi di questa procedura è di soddisfare chi eventualmente riesaminerà il modo in cui le parti sono state “ascoltate”. Ma l’immagine che si restituisce è che lo scopo del procedimento è di servire gli interessi di queste parti. Quanto differirà tale immagine se si accompagna la richiesta degli interessi di chi interviene con un’analisi di come ciascun interesse diverge dall’interesse pubblico, portando la discussione su come allineare detti interessi?
Col tempo possono i comportamenti possono cambiare. Le parti educano piuttosto che sostenere; i regolatori forniscono prove piuttosto che presiedere. Il punto focale diviene modellare una politica del pubblico interesse piuttosto che trovare un bilanciamento tra interessi privati configgenti.